Daodejing by Laozi

Daodejing by Laozi

autore:Laozi [Laozi]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9780199208555
editore: Einaudi
pubblicato: 2008-10-15T00:00:00+00:00


Siamo di fronte a uno dei piú complessi passi del Laozi, come dimostrato dall’ampiezza e dall’articolazione del commentario di Wang Bi, per la disamina accurata del quale rinvio a WAGNER 2003 (pp. 237-51). De 德 «Possanza, Potenza emanata dal Dao, Virtú», secondo le parole di Wang Bi, è sinonimo e omofono di de 得 «acquisire, ottenere». La chiave interpretativa della stanza 38 secondo Wang Bi consiste nell’applicabilità paradossale – e, proprio per questo, tangibile e fruttuosa – di quei principî che si radicano nella dimensione della non-presenza, non-manifestazione, dell’assenza. Il Dao provvede al sostentamento degli esseri, elargendo una Possanza (De 德) che essi possono custodire e coltivare, ma non «possedere». AverNe cura significa vivere nell’incoscienza, nell’inconsapevolezza, nel dis-interesse, nella carenza (wu 無) costante di propositi e di ambizioni personali. Le interpretazioni piú accreditate del primo verso sono essenzialmente due, come rileva XU KANGSHENG 1992 (p. 5). Colui che si fa custode della Possanza eccelsa, superiore (shang 上), si abbandona alla propria natura, quindi non ha motivo di conseguire alcunché. Ciò significa che la seconda occorrenza di de 德 equivarrebbe a de 得. Questa lettura trova eco nel passo 43.17.27 del Zhuangzi che recita zhi de bu de 至德不得 «La Somma Possanza non prevede di acquisire alcunché». L’altra possibilità è che la persona davvero virtuosa in realtà sembri tutt’altro: del resto, non ha bisogno di ostentare le proprie qualità e, nel far ciò, dà prova di custodire De 德. Anche il secondo verso si presta ad almeno due interpretazioni, premesso che con xià De 下德 «Possanza minore, inferiore» s’intende, in realtà, un’assenza di Possanza autentica: nel primo caso, il testo si riferisce forse al fatto che l’ostentazione cela, spesso, una carenza; nel secondo, si potrebbe ammettere che dalla consapevolezza di non custodire piú De ne derivi un vano tentativo di perseguirLa. Accogliendo la possibilità che la seconda occorrenza di de 德 nel v. 1 debba leggersi de 得 «acquisire, ottenere», si noti il contrasto con shi 失 «perdere, smarrire, mancare, negligere, fallire»: mentre la Possanza Eccelsa non si prefigge alcun conseguimento ulteriore, quella di minore pregio si riduce a un formale e compiacente rispetto della norma (shi De 失德 nel senso di «mai si scorda della Possanza», ovvero di una Possanza fasulla che non è mai dimentica di sé), quasi a un accanimento nel dover essere puntualmente impeccabile. Il senso del v. 4 è chiarito nel passo 20.3.8 dello Han Feizi, che afferma come ren 仁 «amore per il prossimo, sollecitudine, umana premura» si risolva in un moto spontaneo e sincero teso alla condivisione dell’altrui gioia come dell’altrui dolore. Il v. 6 allude probabilmente a chi è mosso da un alto senso di appropriatezza morale (yi 義) e agisce nel rispetto di un preciso modello di confacenza, rivelando quindi un movente, un secondo fine rispetto all’azione morale in sé. In assenza di moventi che ispirino mosse volte a perseguire determinati fini (wu yiwèi 無以為), il Saggio si fa custode di una Potenza che lo pervade ma che non gli appartiene, perché



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